24

Jul, 2025

Quella fiamma negli occhi che si chiama vita

By: | Tags: | Comments: 0

Si è appena conclusa la 6° edizione del Percorso Verso l’Affido. Il programma che trae origine dall’esperienza delle famiglie affidatarie che mensilmente si incontrano a L’Arcobaleno negli incontri “Esperienze a confronto” è stato adattato alle nuove Linee d’Indirizzo per l’Affido Familiare in Friuli Venezia Giulia – approvate dalla Giunta Regionale il 31/01/2025 in recepimento di quelle Nazionali recentemente aggiornate per contribuire al miglioramento dei progetti di affido e delle relazioni con tutte le istituzioni coinvolte della nostra Regione. Rispetto al programma di origine, è stato dedicato un nuovo spazio al ruolo e all’importanza delle “famiglie solidali” verso famiglie in uno stato di bisogno “più leggero” rispetto ad un progetto di affido.

Profondo interesse riscuotono sempre le testimonianze di affido. Di seguito quella della famiglia di Adriano Mio e Valentina Morson a cui seguiranno nelle prossime pubblicazioni anche altri racconti, prove del “potenziale” nell’ “essere” famiglia affidataria ovvero l’essere “potenzialmente promotori di un cambiamento, di una riparazione e di una ricostruzione di quello che è il proprio modo di leggere le relazioni con sé stessi e con il mondo” (cit. dott.ssa Sara Lenardon -Ti racconto L’Arcobaleno, –aprile 2025).

Quella fiamma negli occhi che si chiama vita

Il nostro affido nasce ancora prima di sapere chi ci verrà abbinato dai servizi sociali.
Durante il colloquio informativo con l’ambito di Azzano Decimo usciamo guardandoci negli occhi e ci diciamo:
“Ma hai avuto anche tu la sensazione che avessero in mente già qualcuno?” mi dice Valentina.
“Ho avuto anche io la stessa idea” rispondo io.

Era il giugno 2017 e da lì è iniziato il nostro percorso di famiglia affidataria.
Valentina ha due figli ed è rimasta vedova giovane. Io l’ho conosciuta nel 2012 e moralmente ho preso in affido anche i suoi due figli, che avevano 4 e 14 anni.
Nel 2017, poco dopo la scelta di diventare famiglia affidataria, i servizi sociali ci contattano per chiederci se siamo disponibili ad accogliere un bambino di 8 anni con disabilità. Usciamo dall’incontro all’ora di pranzo e ci fermiamo a mangiare in un’osteria, accanto ai servizi, ci sediamo, ci guardiamo di nuovo negli occhi: “Cosa facciamo?” mi chiede Valentina, e io: “Lo prendiamo, abbiamo scelto di diventare famiglia affidataria”.
Il nostro affido inizialmente è partito come affido diurno: tre o quattro pomeriggi con una cena.
Il primo giorno, a cena, A. saltava da una sedia all’altra, non riusciva a stare fermo, mangiava disordinato tanto che il figlio più grande di Valentina, che allora aveva 20 anni, ci dice: “Ma siamo sicuri?”
Insomma, una bella sfida.
Non parlava, neanche una parola, non sapeva lavarsi i denti, non sapeva vestirsi da solo o allacciarsi le scarpe, non era capace di scegliere tra due magliette di colore diverso, non sapeva succhiare da una cannuccia o andare in bicicletta, frequentava la Nostra Famiglia, ma non aveva ancora imparato lettere e numeri.
Tutte le volte che rientrava da noi ci voleva del tempo per riagganciarlo e poter comunicare con lui.
Valentina in queste cose è bravissima, attenta, curiosa. Ha avuto la capacità di entrare in empatia con A. fin da subito. La prima volta che siamo andati a casa dei genitori di A. lui l’ha presa per mano e insieme sono andati in camera sua. Si sono messi sotto le lenzuola e con un lungo sguardo sono entrati in sintonia.
A. migliorava di giorno in giorno, era un bambino molto intelligente, che imparava alla velocità della luce, anche più degli altri bambini, ma bisognava fargli capire che poteva fidarsi delle persone ed uscire dal guscio che si era costruito. Con pazienza, un passo dopo l’altro, con tante fermate e ripartenze. Pianti infiniti che chiedevano soltanto di esserci con un abbraccio fino alla fine, quando ritornava il sereno.
I suoi miglioramenti hanno indotto l’equipe a decidere di re-inserirlo nella scuola elementare del territorio. Così nel 2020, in vista di iniziare a settembre la quarta elementare nella scuola del territorio, l’affido diventa residenziale, in modo tale da poter lavorare in sintonia con la scuola tutta la settimana. Va a casa dai genitori dal sabato sera alla domenica sera.
Arriva marzo 2020, con il Covid siamo tutti rinchiusi in casa: noi quattro, la fidanzata del più grande ed A. Sono stati mesi di svolta, perché per la prima volta A. vive la famiglia nella sua interezza e ventiquattro ore al giorno, come quando si è neonati e lì riparte, come se il meccanismo si fosse sbloccato.
Per lui il Covid è stata una risorsa, un trampolino di lancio verso il mondo e la vita, è in questo periodo che inizia a comunicare veramente con gli altri, crescendo moltissimo anche da un punto di vista verbale.
Alle elementari ha trovato una classe accogliente e un gruppo di maestre spettacolari. Percorso analogo alle scuole medie in cui ha trovato professionalità in grado di esaltare le sue caratteristiche e fargli capire che poteva superare le sue difficoltà.
Anche gli educatori che ha trovato sono stati veramente speciali, ognuno con le proprie caratteristiche hanno avuto la capacità di entrare in sintonia e far uscire il meglio di A.
E poi A., con le sue infinite risorse, la sua tenacia, la sua simpatia, la sua umiltà e la sua infinita gentilezza è sempre riuscito ad entrare nei cuori di tutti, impegnandosi per crescere ed imparare, superando tutte le sue difficoltà.
Quest’ anno ha fatto l’esame di terza media e devo dire che ci ha riempito il cuore di orgoglio.
Prove scritte superate bene. All’orale presenta il sistema solare con tutti i possibili collegamenti con le varie materie scolastiche: settimane di impegno collettivo di tutti gli adulti che lo circondano per perfezionarla ed esporla.
Arriva il giorno dell’orale in cui l’agitazione è altissima, entra in aula saluta con un” Buongiorno a tutti”.

Espone il suo discorso con grande maestria, nonostante le difficoltà articolatorie che l’aver imparato a parlare molto tardi comporta, risponde con tranquillità e competenza a tutte le domande che la commissione gli pone.
L’esame si conclude con tutti commossi, compreso il dirigente scolastico, e lui inaspettatamente stringe la mano a tutti, cosa per me veramente spettacolare.
Supera l’esame di terza media con il 9, nell’orale la commissione lo premia con un 10 tondo.
Questo, secondo me, è il senso dell’affido, far sbocciare questi ragazzi che in qualche modo la vita non ha agevolato per vari motivi e storie familiari.
Adesso il percorso di A. proseguirà all’Istituto Agrario di Spilimbergo, con nuove sfide e conquiste da raggiungere in modo tale da poter, nel futuro, avere una vita il più possibile autonoma e piena di obiettivi.
Adesso A. è capace di scegliere come vestirsi da solo, è appassionato di mitologia, si relaziona con le persone, ha 2 nuovi fratelli e vari amici, ha imparato ad andare in bicicletta, è cintura blu di judo, utilizza bene il cellulare, sta a casa da solo, prende l’autobus, sta imparando a fare la spesa e, soprattutto, ha quella fiamma negli occhi che si chiama vita.
Come dico sempre io il limite di A. possono essere solo le persone che lo circondano e lo accompagnano in questo suo percorso di vita, se non riescono a vedere tutte le sue capacità.

Adriano e Valentina Marson

Leggi l’articolo successivo

 

facebookmail