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Dec, 2025
Una storia africana …
Una storia africana, scritta in Kenya, dedicata ai ragazzini dell’Arcobaleno di Porcia.
Jasmin è un trottolino sempre in movimento. È uno dei primi ad arrivare al laghetto di Rumuruti con un paio di taniche di plastica dura color giallo. I vestiti, di un paio di taglie in più, gli penzolano addosso: la maglietta di un rosso ormai sbiadito, i calzoncini verdi da cui spuntano due lunghe gambe secche. Jasmin è un ragazzino sorridente, molto socievole, con la bocca ancora sporca di latte, segno di una colazione consumata in fretta e furia. È un samburu, appartenente a una delle comunità che formano il mosaico di etnie di quel luogo di savane. Una terra difficile. Jasmin avrà sì e no dieci anni, però già vissuti intensamente nell’aiuto alla famiglia che abita in una capanna costruita con i rami delle acacie, tenuti insieme da un impasto di fango e sterco di animali. Il tetto è in paglia, ma protetto da una copertura di nylon nero.
Jasmin è lì, sulla sponda del laghetto come ogni giorno, per tirare su l’acqua per le necessità della giornata. Si muove rapidamente, facendosi largo tra pecore, capre e mucche già ben appostate. Attinge quanto basta e se ne va, tirandosi dietro a fatica le taniche piene. Un bel peso. È il suo compito quotidiano assegnatogli dalla mamma, che intanto si occupa dei fratellini. Il padre non c’è, perché se n’è andato da tempo in città a trovare lavoro. Forse non tornerà più.
Al lago si assiste a scene che si ripetono ogni mattina. C’è un proverbio molto popolare che esprime la quotidianità africana. Ogni giorno la gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più del leone per non essere divorata. Così dovrà fare il leone: correre più della gazzella per non morire di fame. Quando sorge il sole non importa che tu sia leone o gazzella: l’importante è che cominci a correre. Già all’alba il primo pensiero che frulla in ogni capanna è la corsa all’acqua per poter campare. Non esistono rubinetti che si aprono a volontà senza sforzo. A chi tocca il compito dell’approvvigionamento? Alle donne o ai bambini come Jasmin. Lui parte all’alba per “bruciare” i tempi. Compie il percorso in poco più di un’ora, tra andata e ritorno. Deposita le taniche e riparte per andare a scuola nella missione cattolica dei padri della Consolata. Ci tiene allo studio, l’ha fortemente voluto. Sogna un futuro tutto suo. Ma prima c’è da andare a prendere l’acqua per la famiglia. La frequenza scolastica è il premio pattuito per il lavoro svolto. Jasmin affretta il passo. Spesso corre per farsi trovare puntuale al suono della campanella, perché non vuole ricevere il rimbrotto dell’insegnante. Ha rispetto delle regole: ce l’ha già dentro di sé. È un ragazzino in movimento. Sarà anche per questo che i kenioti crescono come formidabili maratoneti.
Il premio costa però sacrifici alla famiglia, ma ne vale la pena perché Jasmin va bene a scuola. È un investimento sicuro. La mamma, con qualche aiutino che riceve nel villaggio, versa volentieri i soldi della retta scolastica del figlio. Non è cara (comprende libri, mensa e divisa dell’istituto), ma tutto si paga, anche l’istruzione e le cure sanitarie. Nulla è gratis nonostante le magre entrate. La crescita di Jasmin val bene il sacrificio di una capretta. D’altra parte se lo merita. Per questo non si tira mai indietro: prima i doveri familiari, poi i piaceri personali. Perché lo studio è il sogno di Jasmin. Un piacere. Ci deve dar dentro in quanto lui vuol diventare un bravo informatico. Già si esercita con il computer della scuola. A casa no, perché la capanna non ha l’energia elettrica.
Giuseppe Ragogna
